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sabato 31 gennaio 2015

Il sabato della sciarada - 43-44-45-46-47

16 : commenti

Cari lettori del blog, si avvicina la fine dell'indisciplinatissima rubrica della sciarada "settimanale" (si fa per dire!) di 22 passi: si concluderà tra 5 settimane esatte, allo scadere di un anno dalla prima puntata.

Beh, siamo franchi, saremo in quattro gatti a sentirne la mancanza: io, Claudio, Silvio e l'E-Cat! Ma intanto, i pochissimi affezionati si godano questa e le prossime ultime uscite.

E buon fine settimana a tutti.

43. ...NON SI SCORDA MAI
La tua xxxxx yyyy passione
è la xxxxxyyyy del cuore! 
44. ALL'UFFICIO TURISMO
"Xxx yyyyy euro, dove posso dormire?"
"Né alberghi, né pensioni, né bed&breakfast...
può provare ai xxxyyyyy... che altro dire!" 
45. STRAGE LACUSTRE
In lago son caduti due xxyyyyy:
non hanno trucidato alcun cristiano
xx hanno fatto mattanza di yyyyy. 
46. ERE GEOLOGICHE
Se xxxxx quanto tempo ci hanno messo
quei vecchi monti per esser yyyyy
e diventar le colline d'adesso
si resta a bocca aperta e xxxxxyyyyy. 
47. SCAVO ARCHEOLOGICO
Quell'archeologo ha rinvenuto
un bel vaso della civiltà Xxxx
xxxxyyyyyy in un pertugio ad imbuto
nello yyyyyy dell'epoca più antica.

venerdì 23 gennaio 2015

Chenāqchī-ye ‘Olyā: Codice organico immutato da diecimila anni

174 : commenti
(Post di Franco Sarbia)

Si trova in Anatolia il sito archeologico di uno dei più antichi centri protourbani al mondo: Çatalhöyük, edificato agli albori del neolitico, fu abitato tra il 9400 e il 7800 BP (Before Present: Prima del Presente). Le sue case dai tetti piani sono addossate le une alla altre e in tutta la sua estensione non ci sono strade che lo attraversino. Fin dall'apertura degli scavi, da oltre mezzo secolo, i suoi particolarissimi caratteri sono stati ritenuti esclusivi e le loro ragioni sono rimaste largamente inesplicate. Mai mi sarei aspettato di veder emergere una risposta proveniente dall’abisso del tempo in Chenāqchī-ye ‘Olyā, un villaggio tuttora abitato del quale nessuno finora aveva svelato la straordinaria similitudine con le caratteristiche di Çatalhöyük: rese oggi perfettamente leggibili dall'accoppiamento strutturale di questo organismo vivente con il suo ecosistema. L'ho scoperto la scorsa estate durante il mio viaggio in Persia: sperduto ai confini del cielo.
Chenaqchi-ye Olya è un villaggio Armeno situato in Iran su un altipiano tra le montagne del Markazi alla quota di 2389 m slm, nei pressi di una sorgente, ai piedi del monte Kūh-e Chenāqchī di 2883 m. È interamente edificato in mattoni crudi, e muri esterni intonacati d'argilla impastata con paglia di cereali e sterco di mucca. Il nucleo più antico non ha strade, attraverso le rampe d'accesso ai tetti piani ricoperti d'argilla gli animali sono ricoverati nei cortili e nelle stalle, le persone scendono alle case con piccole scale di legno.
Il villaggio  condivide queste qualità costruttive, e molte altre, con l'antichissimo Çatalhöyük: situato a 1533 chilometri di distanza a Ovest, nelle vicinanze del fiume Carsamba sul fertile altipiano di Konia antistante il Tauro a 1008 m slm. Non risulta che qualcuno, finora, abbia rilevato la speciale natura di Chenaqchi-ye Olya: un organismo il cui codice generatore è giunto fino a noi immutato da 10.000 anni come un fossile vivente.
A differenza di Çatalhöyük, incendiato e abbandonato attorno al 7830 BP, eventuali tracce del nucleo originario di questo borgo potrebbero essere state assimilate dal processo ininterrotto di edificazione, manutenzione, restauro e ristrutturazione nel corso dei secoli. E tuttavia le peculiarità strutturali dell’ambiente naturale accoppiato al villaggio ne lasciano supporre una ragguardevole antichità. Il poggio sul quale si trova è confinato da uno strapiombo di roccia ed è difendibile su un solo fronte. Poiché sufficientemente lontano dalla parete della montagna, e per la sua posizione sopraelevata, è al riparo sia da frane e valanghe, sia da esondazioni. Dalla sorgente il rivo scorre alla base del poggio, prima di precipitare, con la cascata Charagan, in un laghetto ai piedi del dirupo. La neve copiosa d’inverno, in primavera lascia il posto ad abbondante foraggio, poi permane a chiazze fino a giugno e alimenta le sorgenti per tutto l’anno. A dispetto dell’altitudine, sull'altipiano sovrastante il villaggio, i cereali giungono a maturazione, mentre a ridosso del paese, nel bacino di afflusso alla cascata, verdeggiano latifoglie e varietà di alberi da frutta, e specialmente di noci: importante riserva energetica invernale. A valle i canali derivati dalla pozza sottostante irrigano gli orti del pendio che da questo si apre in lieve declivio.
La presenza di bovini oggi prevale in Chenāqchī-ye ‘Olyā come fu in Çatalhöyük, precocemente, alcuni millenni prima che si diffondesse a oriente e lungo la valle dell’Eufrate al termine del processo di domesticazione. Sebbene le capre s’adattino perfettamente al clima montano, l’abbondanza di prateria erbosa degli alti pascoli e la scarsità di piante arbustive favorisce assai più il pascolo dei bovini. L’allevamento delle mucche si integra particolarmente con l’agricoltura di montagna: non reca danni agli alberi da frutta e produce ottimo concime composto da sterco, foglie e paglia del letto. I buoi sono insostituibili per l’aratura del duro suolo d’alta quota e per il tiro di slitte o carri su strade scoscese.
Quando la neve alta impedisce il pascolo, i bovini richiedono un ricovero caldo e asciutto. E i coloni li accompagnano dalle rampe sui tetti piani del villaggio fino ai cortili d’accesso alle stalle. Le coperture ne reggono perfettamente il peso perché sostenute da una potente travatura, talmente fitta di tronchi ravvicinati da apparire sovradimensionata, vista dall'interno delle case. I solai sono concepiti in modo da sostenere oltre al passaggio degli animali anche il massimo gravame raggiungibile dalla neve. La copertura d’argilla fine e compressa, incrostata dal sole, ha una forte capacità impermeabilizzante. Anche quando la manutenzione scarseggia non vi crescono erbacce neppure in primavera, tanto è compatta. I tetti sono piani: in modo che il manto nevoso sciogliendosi non crei rigagnoli e il lastrone di ghiaccio che si forma durante la notte alla sua base non scorra verso i bordi erodendo la superficie.
Se prima dell'avvento degli spazzaneve a motore, d’inverno a quella altitudine, su montagne dove abbondano le precipitazioni nevose più che la pioggia, su quel poggio esposto al vento, vi fossero state state strade sarebbero state immediatamente rese impraticabili dalla neve ventata. E sarebbe stata fatica improba mantenerle sgombre. Così invece l’abbondante manto nevoso permane a lungo alto sui tetti piatti, protraendo la sua azione termoisolante per tutta la stagione fredda. Né la bufera può arrecar danni alle case così protette sotto la spessa coltre.
La struttura del villaggio, dimensionata per trarre vantaggio dalle rigide condizioni climatiche, è altrettanto appropriata per contenere i danni dei movimenti sismici, grazie all'altezza limitata delle case, alla fitta griglia di pareti di mattoni crudi, dal lato esterno ispessito e impermeabilizzato con intonaco multicomponente, alle robuste travature estese senza soluzione di continuità per l’intera area coperta.
D’estate la configurazione piana delle coperture e gli usci a scendere permettono di utilizzare il regime di brezza per la regolazione della temperatura e dell'umidità. Al tramonto la fresca corrente di montagna scende nelle case attraverso le aperture, mentre il sole più caldo del mezzogiorno incidente sui tetti pompa aria calda verso l’alto e aspira aria fresca e umida in discesa verso il fondovalle attraverso le camere interrate. La compattezza dell’insediamento e la quasi totale assenza di aperture lungo il perimetro esterno lo rendono anche relativamente protetto dai razziatori e dai lupi, ma le ragioni della configurazione compatta del villaggio, come s’è visto, non sembrano principalmente difensive, al contrario di quanto s’era finora immaginato per Çatalhöyük. La quota  di quest’ultimo è inferiore a quella di Chenāqchī-ye ‘Olyā, e tuttavia durante il suo lungo ciclo di vita tra il X e l'VIII millennio BP, la mezzaluna fertile era caratterizzata da condizioni climatiche diverse dalle attuali, con abbondanti precipitazioni che tra la Cappadocia e il Tauro oltre i mille metri erano principalmente nevose. Successivamente, fino al VI millennio BP si sono andate progressivamente riducendo, compromettendo la produttività dell’agricoltura di montagna.
Le caratteristiche strutturali ed urbanistiche giunte fino a noi dalla notte dei tempi attraverso Chenāqchī-ye ‘Olyā sono certamente il prodotto evolutivo dei primi insediamenti umani al termine della glaciazione di Wurm: quando in aree montane caratterizzate dal ritiro stagionale dei ghiacciai, alle latitudini nord fra i 35° e i 38° dei due paesi a confronto, l’abbondante foraggio alimentava una sovrappopolazione di grandi erbivori. Le civiltà millenarie che si sono incontrate e avvicendate sullo stesso allineamento, sono testimoniate fin dal XII millennio BP dal tempio megalitico di Göbekli Tepe, a circa 1000 km da Chenāqchī-ye ‘Olyā, dai siti abitati da piccole comunità della “produzione incipiente”, all’origine delle prime pratiche agricole e di allevamento, quali Shanidar e Zawi Chemi, poi sempre più a levante Tell Shemshara e Kamir Shahir, rispettivamente a 400 km a 200 km dal nostro villaggio. Da qui dopo un’incubazione di alcuni millenni prese avvio la rivoluzione agricola all’origine della nostra era. Possiamo quindi immaginare che le tecniche d'interazione virtuosa con gli elementi naturali, di protezione dalle calamità e dalle depredazioni, e di minimizzazione dei consumi energetici grazie alla capacità di autoregolazione termoigrometrica di Çatalhöyük, dimostrate dalla sua millenaria sostenibilità, si siano evolute proprio a partire dalla risposta alle condizioni estreme del precedente lungo periodo glaciale, e si siano infine conservate in Chenāqchī-ye ‘Olyā perché specialmente appropriate ai rigori dell'alta montagna. 
La supposta remota genesi di Chenāqchī-ye ‘Olyā (چناقچي عليا) sembra trovare conferma nelle basi Assiro-Accadiche dell’etimologia del nome. Diverse parole assonanti possono aver contribuito a definire l’attuale denominazione. Per Chenāqchī si può fare riferimento a: Qanājû, Qanû, appezzamento di terreno; Qanānu: fare un nido, annidare, insediare una fattoria con terreni agricoli, una casa colonica, appezzamento di terreno con casa affidato ai coloni; Kanāku, sigillo sigillare, chiudere una casa, una porta; Ganānu, confinare una persona; Qannu, confine, intorno, esterno di una regione, periferia. Mentre per Olyā è indiscutibile le derivazione dall’accadico elīu: superiore, parte superiore, pinnacolo, cima, più alto. L'ipotesi trova conferma nell'attributo dell'omonimo sottostante villaggio di Chenaqchi-ye Sofla, da accadico šapliš: a valle, inferiore.  Immaginando i possibili incroci tra le basi di senso complementare, il significato sintetico originario di Chenāqchī-ye ‘Olyā risulta essere semplicemente “Borgo protetto di montagna” superiore, di confine.

Franco Sarbia
Valdengo, 22 Gennaio 2015

Per la datazione ho scelto la modalità BP, Before Present, perché rispettosa dei diversi calendari adottati dalle culture presenti nell'area;
Le coordinate geografiche di Chenaqchi-ye Olya sono: 35°22'40.00"N; 49°39'39.00"E
Le immagini dall’alto in basso sono: 1) Nucleo storico di Chenaqchi-ye Olya dall’alto; 2) Çatalhöyük: ricostruzione virtuale; 3) Çatalhöyük: sculture taurine; 4) Skyline del villaggio dalla cascata Charagam; 5) Çatalhöyük: Struttura di un interno; 6) Chenāqchī-ye ‘Olyā: rampe d’accesso e coperture; 7) Laghetto alla base della cascata. La documentazione fotografica su Çatalhöyük è stata raccolta in rete.

mercoledì 14 gennaio 2015

Violazioni della barriera di Coulomb
senza più tabù

107 : commenti
È il momento della "riscoperta" delle LENR (Low Energy Nuclear Reaction)! La Scienza comincia a ricordare che i primi riferimenti ad anomale sezioni d'urto per certi ioni D+ sono stati fatti da persone come Hans Bethe (1906-2005) e altri grandi fisici del XX secolo. 

Gran parte di questo lavoro sulle reazioni a energia relativamente bassa - che si verificano ben al di sotto della prevista barriera di Coulomb - non è stato più portato avanti dopo la seconda guerra mondiale, quando è invece stata finanziata a spron battuto la ricerca sulla fisica delle alte energie. Tra le eccezioni a tale oblio rientrano le "stripping reactions", dove ancora una volta sono emerse anomalie che non sono state ancora comprese e continuano ad essere oggetto di indagine; vedansi gli "anomalously large screening effects" studiati da Czerski e altri alla Humboldt University di Berlino.

Di tutto questo se ne parlò, per esempio, al seminario sulle LENR svoltosi il 3 giugno 2013 al parlamento europeo, di cui 22 passi fornì ampia copertura: 

In particolare se ne occupò Konrad Czerski nella sua relazione, sempre scaricabile da 22 passi  o da questa pagina web dell'ENEA:

Lasciamo Czersky e l'Università di Berlino, e torniamo in generale alla "riscoperta" delle LENR.

Oggi le violazioni della barriera di Coulomb e le LENR si studiano in molti enti di ricerca, persino dentro il "tempio" europeo delle alte energie, il CERN: fuori dalle polemiche dei blog, senza pubblicità, con discrezione e competenza. 

Fidatevi di quel che dico.

martedì 6 gennaio 2015

Una Teoria Giocattolo per una Teoria del Tutto:
noi siamo in (3|1), molto vicini a (2|2) !

161 : commenti


Al momento attuale non è possibile interpretare compiutamente tutte le manifestazioni della realtà fisica all'interno di una teoria generale. La ricerca di una Teoria del Tutto è da molto tempo affrontata dalla comunità scientifica, e se fino ad una ventina di anni orsono (anni '90) si provava un sostanziale imbarazzo all’impossibilità di formulare una tale teoria, negli anni recenti, il problema sembra apparentemente perdere completamente di interesse. Il presente lavoro quindi, in controtendenza, si pone l’obbiettivo di arrivare ad una sua formulazione, cercheremo attraverso l’espediente di una Teoria Giocattolo di arrivare ad una Teoria del Tutto. Da questo punto di vista, l'unica e sola strada percorribile è quella di ricondurre la scienza nel suo più ampio ambito originale, quello filosofico.


La realtà è solo fisica? o solo matematica? o piuttosto la realtà siamo noi, le nostre menti e i nostri pensieri?

Cogliamo l'occasione per ringraziare Daniele Passerini dell'ospitalità nel suo meraviglioso blog. 


Pierluigi Cirilli    Francesco Santandrea    

    
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