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mercoledì 8 ottobre 2008

Essere responsabili della propria vita

Mi è stato chiesto in un commento al post di ieri, Punti di forza: "...cosa vuol dire: Ognuno è l'unico responsabile delle proprie esperienze?". L'autrice della domanda ha poi aggiunto "di solito mi è stato detto anche della propria felicità", ed è così: siamo responsabili di tutto lo spettro delle nostre esperienze da quelle più luminose (felicità, amore, piacere...) a quelle più cupe (infelicità, odio, dolore...). Premetto che credo totalmente alla verità di tale affermazione. Per questo all'inizio di Ventidue passi d'amore ho sintetizzato il succo di tutto il libro con queste parole: "Nessuno ha il potere di renderci felici o infelici, siamo noi stessi gli unici responsabili della nostra felicità." Ci sono due ordini di motivi per cui lo credo. Primo. Anche se non fosse vero è un sano atteggiamento su cui fondare e orientare il nostro modo di vivere. Al riguardo, proprio pochi giorni fa, ho letto un passo dove l'autore ricorre a una metafora (quella del 100%) che anch'io utilizzo spesso: Una relazione coniugale che non funziona bene è sempre un fallimento di entrambi i coniugi. La teoria che aggiudica il cinquanta per cento della "colpa" ad ognuno, in questi casi non serve. La situazione migliora quando, lasciando da parte la matematica, ogni coniuge si assume "al cento per cento" la responsabilità di quello che capita nella propria vita. (Luis Chiozza, da "Le cose della vita", Città Aperta Edizioni (2005). Proprio qui sta il punto. Noi possiamo e dobbiamo preoccuparci solo della nostra responsabilità rispetto a ciò che viviamo. Quella del nostro prossimo è fuori dalla nostra giurisdizione: dare agli altri la responsabilità di qualcosa che ci capita in ogni caso non cambia le cose. Invece attribuirci il 100% della responsabilità di ciò che accade ci aiuta a vivere meglio, ci aiuta a crescere. Secondo. Sono convinto - in base ai principi a cui m'ispiro e, beninteso, alla mia limita esperienza di vita - che non solo ci conviene comportarci come se fossimo responsabili al 100% di ciò che ci accade, ma che veramente siamo sempre responsabili al 100%. Se un automobilista davanti a me all'improvviso inchioda disperatamente perché un gatto nero gli ha attraversato la strada e io lo tampono, è ovvio che non sono responsabile né della comparsa di quel gatto né della reazione impulsiva di quell'autista superstizioso. Ma sono responsabile di non avere rispettato la distanza di sicurezza, di non avere avuto i riflessi abbastanza rapidi, magari di essere stato un po' distratto. Chi tampona ha sempre torto. Il discorso apparentemente si complica se vengo tamponato, alle spalle e mentre procedo tranquillamente sulla mia corsia alla velocità consentita, da un ubriaco che a perso il controllo della sua vettura. Eppure anche stavolta - benché il senso comune lo neghi - in qualche modo ne sono responsabile. A questo proposito c'è un capitolo de Il Profeta - quello dedicato alla Colpa e al Castigo - in cui Gibran non fa sconti a nessuno; ne cito solo un breve passo: E anche questo vi dirò, benché le mie parole potranno esservi di peso: L'assassinato non è irresponsabile del proprio assassinio. E il derubato non è privo di colpa del furto che ha subito. Né il giusto è incolpevole degli atti del malvagio. E chi ha le mani candide non è senza macchia rispetto alle azioni del criminale.
Chi crede nella legge del karma non trova difficile accettare che in questa vita raccogliamo i crediti e paghiamo i debiti contratti nelle vite precedenti. Allo stesso modo (pur non credendo nella reincarnazione) un cristiano sa bene che matureremo in Cielo quanto seminiamo ora in Terra: Non fatevi illusioni: con Dio non si scherza! Ognuno di noi raccoglie quel che ha seminato. Chi vive nell'egoismo raccoglie morte. Chi vive nello spirito di Dio, raccoglie vita eterna (Galati 6: 7, 8). Perciò un cristiano non dovrebbe faticare troppo a comprendere che anche nel corso di questa stessa vita raccogliamo immancabilmente ciò che seminiamo strada facendo. Ma anche un ateo che osservasse attentamente quello che gli capita e che capita attorno a lui potrebbe arrivare a questa identica conclusione. Il dilemma è annoso: viviamo in un mondo soggetto alla legge del caso o vi è un senso e un ordine in tutto ciò che accade? Se propendiamo per questa seconda ipotesi allora vi è un senso anche nell'essere tamponati e nell'essere assassinati, e quel senso ha a che fare proprio con le nostre azioni. E mi fermo. Per ora. Perché in realtà qui si aprirebbero ben altri discorsi. Magari possiamo continuare a parlarne sui commenti. Sono contento di poter affrontare anche discorsi seri come questo sul blog, specialmente se ne nasce un dialogo a più voci.

5 : commenti:

Maria Chiara ha detto...

Come disse Einstein "Mi rifiuto di credere che Dio giochi a dadi con l'universo,lassù"
Se tutto ci appare "Caso" è semplicemente perchè Dio ci ha lasciato il libero arbitrio. Ciò non significa che siamo in balia del caos, perchè nonostante ciò l'ordine c'è,anche se apparentemente non c'è.
La storia è sempre stata un susseguirsi di azioni e reazioni, di cause e conseguenze.Il Caso è una suggestione mentale, una giustificazione della mente.Quasi per non accettare che una conseguenza,seppur lieta o spiacevole,sia data da una nostra azione voluta o non. Riguardo le morti accidentali,gli omicidi e via discorrendo...e si, questo è un discorso talmente ampio in cui gioca (se ci si vuole credere) la componente "Destino"...e qui si apre un abisso.
Ciao ^^

Daniele Passerini ha detto...

Sì. L'ordine c'è, adamantino, dietro il velo di Maya.

"Il caso è una suggestione mentale, una giustificazione della mente": mi piace. Anche perché capovolge a pennello la trita argomentazione di chi sostiene che giustificazione della mente sia credere che ci sai un senso in ogni evento.

Maria Chiara ha detto...

Sai è un pò come chi si mette a pregare senza essere effettivamente un buon cristiano... Lo si fa per convenienza,perchè piace credere che lassù qualcuno possa darti una mano solo perchè glielo chiedi...

danDapit ha detto...

beh... tu saprai come la penso!
Ciascuno è l'artefice del proprio destino e responsabile di ciò che accade.
Causa/effetto. Una legge dell'Universo.
Sicuramente è faticoso essere sempre presenti a se stessi e non scaricare all'esterno, e a volte si ha difficoltà a focalizzare la propria responsabilità, e ci fa male.
Ma appena presa coscienza, siamo già un passo avanti!

A proposito! a me una volta è capitato che un auto ha frenato perchè un pedone ubriaco ha attraversato improvvisamente la strada! Io stavo per ripartire da uno Stop, pensavo che l'auto avanzasse, invece quella si è bloccata per via del clochard ubriaco, e io ho preso la coda dell'auto! Ero furente per la dinamica dei fatti, e mi sono sentita SFORTUNATA... ma anche qui, appunto, si tratta di armonia con l'ambiente, e l'armonia si crea attraverso buone cause! ^__^

(ma nell'sms ti riferivi a questo post??)

Un BACIO!!!

Daniele Passerini ha detto...

> M.B.K.

Coi vostri commenti mi state trasformando questo blog da un bel blog a un blog VIVO... grazie a te MBK e grazie a tutti!

> danDapit
Sì Danda, so come la pensi: siamo in sintonia su questi temi, è vero... anche se non credo che mi convertirai! :)))

(No! Non mi riferivo a questo post!!!)
:-)

Un B A C I O N E anche a te!

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