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giovedì 30 aprile 2009

Alt zero duecento (Alt 0200)

13 : commenti
Per tanti versi sono un gran caotico, per altri mi piace essere preciso.
Per esempio sono sempre stato attento all'uso di accenti e apostrofi: non confondo un (terza persona singolare dell'indicativo presente di dare) da un da' (seconda persona singolare dell'imperativo). Ammetto invece che fino a 4 anni fa - quando qualcuno mi tirò le orecchie al riguardo - mi curavo poco di distinguere tra accento grave (`) e acuto (´).
In breve, tutte le parole tronche, cioè accentate sull'ultima sillaba, che terminano in a, i, o, u, richiedono l'accento grave à, ì, ò, ù (non c'è possibilità di confonderci ché la tastiera offre solo questa possibilità) come nel caso di già, ,, , però, più, giù, ecc. Attenzione invece alla vocale e accentata. Va bene è per la terza persona singolare del verbo essere e per le esclamazioni tipo ahimè, ma l'accento deve essere acuto negli altri casi (perché, poiché, affinché ecc.) e per ottenerlo basta pigiare il tasto maiuscole insieme al tasto è/é. Ma come si fa a scrivere È? Per scrivere in maiuscolo la terza persona singolare del verbo essere - correttamente accentata (È) invece che impropriamente apostrofata (E') come i più per fretta fanno - va premuto il tasto Alt (in un foglio di Word, OpenOffice, o qualsivoglia editor in cui si scriva un post, un commento ecc.) e quindi digitato "0200": appena rilascerete il tasto Alt apparirà proprio È. Provare per credere: utile no? P.S. Se usate un Mac per ottenere È pigiate insieme Alt + Maiuscolo + "e". C'est plus facile!

P.S. del 1/1/09 Ulteriori precisazioni "semiserie" su questa questione da Accademia della Crusca, nelle mie risposte ai commenti lasciati in questo post.

mercoledì 29 aprile 2009

Il campo di Arischia

1 : commenti
Uno dei presupposti di una cosiddetta istituzione totale è la spersonalizzazione degli individui, in particolare privarli del loro nome e assegnargli un'altra "etichetta", specialmente un numero.
Nel '97, quando lavoravo come assistente sociale per il Comune di Assisi, capitavo quasi ogni giorno nelle tendopoli allestite dalla protezione civile (prima che fossero istallati container e prefabbricati): non vi era minimamente il livello di "militarizzazione" descritto in vari resoconti messi on line dall'Abruzzo, ad esempio quello riguardante il campo di Arischia (potete leggerlo qui). Riporto da Wikipedia gli elementi che definiscono una cosiddetta istituzione totale (carcere, manicomio, lager ecc.):

L'istituzione totale è il luogo in cui gruppi di persone risiedono e convivono per un significativo periodo di tempo.

I tratti distintivi di detta istituzione sono:

  1. l'allontanamento e l'esclusione dal resto della società dei soggetti istituzionalizzati
  2. l'organizzazione formale e centralmente amministrata del luogo e delle sue dinamiche interne
  3. il controllo operato dall'alto sui soggetti-membri

Le modalità di accesso ad una istituzione totale sono fondamentalmente due [nel nostro caso ci interessa la prima]:

  1. la piena identificazione di un soggetto con le tensioni e le finalità espresse dalla situazione comune, come nel caso di luoghi di convivenza continua tipo i conventi e le caserme, in cui lo status di persona istituzionalizzata è di fatto una scelta;
  2. la costrizione derivante dall'essere considerato un soggetto pericoloso per la società, come nel caso delle carceri e dei manicomi, in cui lo status di persona istituzionalizzata è di fatto imposto.
A parte il primo dei tratti distintivi (l'allontanamento e l'esclusione dal resto della società degli sfollati abruzzesi non è totale né imposto dall'istituzione, bensì accettato a seguito di una situazione eccezionale quale un terremoto devastante), per il resto sono evidenti le analogie con la gestione delle tendopoli aquilane, spesso descritta più autoritaria che autorevole. In una situazione di "crisi" non si può andare tanto per il sottile (ma siamo sicuri che si tratti di sottigliezze?), certo, però basterebbero un po' di sensibilità e pochi accorgimenti per evitare di sommare, ai disagi di una popolazione già messa letteralmente a terra, pure la sofferenza psichica di abitare in una "sorta d'istituzione totale". Lo ribadisco, un decennio fa non vidi avvenire nulla del genere in Umbria. Che sta succedendo? È talmente cambiata la nostra società da allora? Michel Foucault e Erving Goffman - autori di due libri fondamentali, quali rispettivamente Storia della follia e Asylums (entrambi del 1961) - probabilmente avrebbero giudicato tendenzialmente disumanizzanti le regole e le condizioni vigenti nel campo di Arischia. P.S. Mutatis mutandis, ecco perché sono sempre stato contrario, per principio, all'uso dell'esercito con funzioni di polizia e ordine pubblico... si comincia così e poi non si sa mai dove si va a finire.

Miserie umane e sovrumane virtù

1 : commenti
Riprendo dal blog della "signora in rosso" il testo di una mail che circola da un po' di giorni: la testimonianza molto interessante ed esauriente di un terremotato abruzzese. Un quadro della situazione dei soccorsi difficilmente descritto dai mezzi d'informazione ufficiali.

Ciao a tutti. Oggi è il 20 aprile 2009.
Per molti Abruzzesi lo sguardo è congelato all'alba del 6 aprile 2009.
Io, fisso il mio sull'ennesimo sorriso paterno e rassicurante del nostro Presidente del Consiglio, che campeggia sul paginone centrale de Il Centro, quotidiano locale e che ancora una volta (pure quando un minimo di decenza richiederebbe moderazione), fa sfoggio di capacità ed efficienza facendo grandi promesse nella speranza che si dimentichi il prima possibile (si sa gli italiani hanno memoria moooolto corta), che fino al 5 aprile nel meraviglioso piano casa che si intendeva varare a imperitura soluzione della crisi economica, di norme antisismiche nemmeno l'ombra..
Vi scrivo da Colle di Roio (AQ) uno dei paesini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009. Il mio paese.Trovo molto difficile fare ordine nel turbinio di pensieri che mi gonfiano la testa, ma ci proverò.
E scrivo questa nota perché credo che solo uno strumento quale la rete permetta di conoscere altre verità, senza mediazioni se non dell'autore. Il nostro campo è abitato da circa trecento persone, distribuite in una quarantina di tende.
Tornati da una vacanza mai iniziata, assieme a Laura, abbiamo cercato di dare un contributo alle attività di gestione della tendopoli che, nel frattempo, (era passata già una settimana dall'inaspettato evento), era andata sviluppandosi.
Come sapete non sono un tecnico, ho una qualche esperienza di gestione logistica e di personale in situazioni di emergenza e quanto vi racconto può essere viziato da uno stato di fragilità emotiva (immagino mi si potrà perdonare). Il fatto è, che a fronte di uno sforzo impagabile profuso da molte delle persone presenti nel nostro campo, (volontari della protezione civile, della croce verde/rossa, vigili del fuoco, forze di polizia etc...), inarrestabili fino allo sfinimento, ci siamo trovati, o sarebbe meglio dire ci siamo purtroppo imbattuti, nella struttura ufficiale della Protezione Civile stessa e nel suo sistema organizzativo.
La splendida macchina degli aiuti, per quanto ho visto io, poggia le sue solide e certamente antisismiche basi, sulle spalle e sulle palle dei volontari; il resto dà l'impressione di drammatica improvvisazione. E non perché non si sappia lavorare o non si abbiano strumenti e mezzi, ma semplicemente ed a mio parere, perché si è follemente sottovalutato il problema fin dall'inizio.
Se vero che il terremoto non è prevedibile è altrettanto vero che tutte le scosse precedenti (circa trecento più o meno violente prima dell'inaspettato evento) dovevano rappresentare un serio monito. Perché non è servito il fatto che due settimane prima del sisma alcuni palazzi presenti in via XX settembre a L'Aquila, poi miseramente sventrati, erano già stati transennati perché le scosse che si erano susseguite fino a quel momento (la più alta di 4° grado, quindi poca cosa...) avevano fatto cadere parte degli intonaci e dei cornicioni... Una persona minimamente intelligente, a capo di una struttura così grande quale la protezione civile, avrebbe dovuto schierare i propri uomini alle porte della città, come un esercito, pronto a qualsiasi evenienza.
Ed invece mi trovo a dover raccontare che le prime venti tende del nostro campo se le sono dovute montare i cittadini del paese (ancora stravolti del sisma), con l'aiuto di una manciata di instancabili volontari, che manca un coordinamento tra i singoli gruppi presenti, che la segreteria del campo (che cerchiamo di far funzionare), è rimasta attiva fino a ieri con un Pc portatile di mia proprietà, acquistato "sia mai dovesse servire", e con quello di un volontario; che siamo stati dotati di stampante e telefono ma per la linea Adsl (in Italia ancora uno strano coso...) stiamo ancora aspettando e quello che siamo riusciti a mettere in piedi è merito dell'intelligenza di qualche giovane del posto e dei suoi strumenti tecnici; che abbiamo dovuto chiamare chi disinfettasse e portasse via mucchi di vestiti perché arrivati sporchi e non utilizzabili; che fino dieci giorni dal sisma avevamo un rubinetto per trecento persone, nessuna doccia, circa 20 bagni chimici e nessun tipo di riscaldamento per le tende. Vi ricordo che in Abruzzo ed a L'Aquila in particolare la primavera fatica ad arrivare e che anche in queste notti la temperatura continua ad essere prossima allo zero. Non ci si può quindi stupire che molte persone, la maggior parte delle quali anziane (e non tutte con la dentiera...), cocciutamente ed in barba alle direttive che vietano di rientrare nelle case, continuano a fare la spola dalla tenda al bagno di casa.
Potreste obbiettare che tutto sommato e visti i risultati raggiunti nel seguire più di quarantamila sfollati questi problemi sono inevitabili e bisogna solo avere pazienza. Condivido il ragionamento.
Quello che mi lascia stupito, che la gente non sa e che gli organi di informazione si guardano bene dal dire è che tutta la macchina si basa all'atto pratico, sulla volontà ed il cuore di persone che lasciano le loro case e le loro famiglie e che non pagate, cercano di ridare un minimo di dignità e conforto a chi, a partire dalla propria intimità, ha perso tutto o quasi. La protezione civile che molti immaginano (alla Bertolaso per intenderci) non esiste nei campi, almeno non nel nostro. I volontari si alternano, perché obbligati ad andarsene dopo circa 7 giorni. Cosa comporta tutto questo? Che ogni settimana si vedono facce nuove con la necessità di ricominciare a conoscersi ed imparare a coordinarsi, che il capo campo cambia anche lui con gli altri e quindi può avere esperienza o meno, che spesso, ed è il nostro caso, la gestione di alcune attività è affidata ai terremotati perché non viene inviato personale apposito, con inevitabili problemi, invidie acrimonie e litigate tra... poveri.
Volete un esempio cristallino della disorganizzazione?
La nostra psicologa, giunta al campo per propria cocciuta volontà, è rimasta anche lei solo una settimana. Vi immaginate quale può essere l'aiuto ed il sostegno che una persona addetta può dare e quale fiducia può riscuotere per permettere alle persone di aprirsi, se cambia con cadenza domenicale???
A questo si aggiungano l'inesperienza di molte persone (spesso e per fortuna sconfitta dalla volontà di far bene) e le tristi e umilianti dimostrazioni di miseria umana che ci caratterizzano e che risultano ancora più indecenti ed inaccettabili in casi di emergenza. Qualcosa di buono però ragazzi l'ho imparato.
Ho imparato che per la richiesta di materiale devo inviare un modulo apposito e che a firmare lo stesso non deve essere il capo campo, la cui responsabilità, fortuna sua, è solo quella di gestire trecento vite, trecento anime, più tutti coloro che ci aiutano dalla sera alla mattina, ma serve il visto del Sindaco, oppure del presidente di circoscrizione oppure di un loro delegato (pubblico ufficiale). Noi dopo aver speso due giorni per individuare chi dovesse firmare questi benedetti moduli, sappiamo che dobbiamo prendere la macchina e quando serve (ovviamente più volte al giorno), raggiungerlo al comune.
Un'ultima noticina.
Due giorni fa la Protezione civile si è riunita con gli esperti, ed ha ritenuto che non vi siano motivi di preoccupazione relativamente alle dighe abruzzesi (la terra trema ogni giorno). Ora ricordandomi che analoga sicurezza era stata espressa all'alba di una scossa di quarto grado e pochi giorni prima che il nostro inaspettato evento facesse trecento morti e azzerasse l'economia e la vita di migliaia di persone...ho provveduto, poco elegantemente, ad eseguire il noto gesto scaramantico...
Però dei regali li ho ricevuti.
Sono le lacrime di molte delle persone che hanno lavorato alla tendopoli, trattenute a stento nel momento dei saluti; sono le parole e gli sguardi dei vecchi del paese, che mescolano dignità e paura, coraggio e rassegnazione, senza mai un lamento.
Un'altra cosa.
Vi prego chiunque di voi possa, prenda il treno l'aereo o la macchina e si faccia un giro per L'Aquila e dintorni. Le tendopoli non sono tutte come quelle a Collemaggio. Scoprirete il livello di falsità che viene profuso a piene mani dagli organi di comunicazione oramai supini e del livello di indecenza del ns presidente del consiglio che prima con lacrime alla cipolla e poi con sorrisi di plastica distribuisce garanzie e futuro a chi, vivendo in tenda e saggiando sulla pelle la situazione sa, che sono tutte palle.
I morti sono serviti subito per mostrarsi umano e vicino alle famiglie, ma ora è meglio dimenticarli in fretta..
Via via..nessuna responsabilità, nessun dolo. I pm sono dei malvagi.. ricostruiamo in fretta.. forza la vita è bella, vedrete, tra un mese sarete tutti a casa...
Conoscete i nomi delle famiglie che doveva ospitare nelle sue ville?
Le virtù umane travalicano gli eventi, le sue miserie non hanno confini.
Se volete vi prego fortemente di inviare questa mail a quanti vi sono amici.
La stampa nazionale si è guardata bene dal pubblicarla.
Un saluto a tutti.
Pierluigi

martedì 28 aprile 2009

La sorgente

0 : commenti
Getto, o rivolo,
filo, o gocce
la sorgente consegue le stagioni. 
Ma il recipiente 
sotto la fonte 
trabocca calmo, colmo, pieno, piano.

Ho accostato a queste parole "La fonte" - opera di Giovanni Auriemma - trovata per caso nel web nell'ulteriore blog (quello di Nunzy Conti) finito tra i miei "preferiti"!

domenica 26 aprile 2009

un binario...

1 : commenti
.......................................
.......................................


un binario...........................
due rotaie in perpetuo parallele:


due vite che non s'incontrano mai
condannate a rimanere disgiunte?


o una coppia eternamente unita
e per antonomasia inseparabile?


due rotaie in perpetuo parallele:
un binario..........................


.......................................
.......................................

sabato 25 aprile 2009

La Maison en Petits Cubes

8 : commenti
Per ricambiare il dono all'amica che mi ha fatto conoscere Father and Daugter, Oscar 2001 per il miglior cortometraggio d'animazione, vi presento La Maison en Petits Cubes, del giapponese Kunio Kato, Oscar 2009 nella stessa categoria.

Cartoni animati come questi sono autentica poesia per immagini... vedere per credere!

venerdì 24 aprile 2009

L'ombra della luce

8 : commenti
Questi giorni mi sento molto in sintonia con questa musica e queste parole di Franco Battiato...



Difendimi dalle forze contrarie, 
la notte, nel sonno, quando non sono cosciente, 
quando il mio percorso, si fa incerto
E non abbandonarmi mai... 
Non mi abbandonare mai! 
Riportami nelle zone più alte 
in uno dei tuoi regni di quiete: 
è tempo di lasciare questo ciclo di vite
E non abbandonarmi mai... 
Non mi abbandonare mai! 
Perché, le gioie del più profondo affetto 
o dei più lievi aneliti del cuore
sono solo l'ombra della luce.
Ricordami, come sono infelice 
lontano dalle tue leggi; 
come non sprecare il tempo che mi rimane. 
E non abbandonarmi mai... 
Non mi abbandonare mai! 
Perché, la pace che ho sentito in certi monasteri, 
o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa, 
 sono solo l'ombra della luce.

giovedì 23 aprile 2009

Padre e figlia

4 : commenti
Ritagliatevi 8 minuti e guardatevelo senza interruzione: vale, vale, vale.



Father and Daughter ha vinto nel 2001 l'Oscar per il miglior cortometraggio d'animazione. Sarà che sono un papà e ho giusto una figlia... mi ha fatto da piangere. Un grande grazie a Surrealina perché è tramite il suo blog che l'ho scoperto qualche settimana fa.

P.S. L'autore di questo poetico e commovente cartone è l'olandese Michaël Dudok de Wit.

Compromessi esplosivi

6 : commenti


Non giudicateci.
Non avremmo mai
mai
mai mai
immaginato
di poter vivere
nella menzogna. 
Ma senza l'amore
non si sopravvive.
Siamo diventati
due bugiardi:
giusto per 
amore. 
Noi.

Vagabloggare...

0 : commenti
...vagabondare nel web... vagar per blog...
Ormai tra i "blog che tengo d'occhio" nella mia sidebar, ce ne sono una quarantina, e aumentano, aumentano, perché ogni tanto ne scopro qualcuno che mi incuriosisce. Bloggo o non bloggo? Scrivo sul mio o commento sugli altri blog? Questo è il dilemma: il tempo per fare entrambe le cose non ce l'ho... Anzi che oggi scrivo questo qui, dato che sono a casa. Ho dovuto prendere un giorno di ferie (che bello poter riposare un po'!) per andare ai colloqui di mia figlia a scuola, oggi pomeriggio, e sbrigare qualche faccenda ora... ma incredibile a dirsi: c'è una persona che è 9 mesi che deve passare a trovarmi, non riusciamo mai ad incrociarci... beh, mi ha appena telefonato che è proprio qui dalle mie parti e ha un'ora libera, e pure io... un vero miracolo! :-)

martedì 21 aprile 2009

Incomprensioni

6 : commenti
Qualche giorno fa ho aggiunto al blog una funzione (per non dire widget che è molto più alla moda!) che linka in calce ad ogni post altri tre post più vecchi di argomento (più o meno) collegato: sto scoprendo che la cosa mi piace assai perché io stesso riscopro interventi di cui mi ero completamente dimenticato, come ad esempio questa "recensione" di Every little thing she does is magic, scritta quasi un anno fa.

P.S. In questi giorni ho tutt'altro per la testa, ad esempio un amico "binario parallelo" improvvisamente partito per la tangente!

lunedì 20 aprile 2009

Signore delle cime

1 : commenti


Con questo pezzo (ben interpretato nel video da non so quale ensemble) ieri il coro dell'Università di Perugia ha aperto il concerto a Todi: abbiamo dedicato Signore delle cime ai caduti del terremoto in Abruzzo, facendolo seguire da un minuto di raccoglimento.
Mia figlia dorme da poco e ho voglia di dormire pure io... buonanotte.

venerdì 17 aprile 2009

Vorrei invecchiare con te

20 : commenti
















Tu:


"Vorrei invecchiare con te 
- sì, con te - 
seguendo i ritmi del sole, 
della luna, 
in un posto pieno di ulivi 
- con tante piante - 
dove si va, ancora, a piedi 
a fare la spesa."

Grazie!

(7-3-8-4-9-5-10-6)

martedì 14 aprile 2009

Quel che so di Jodorowsky... (I)

8 : commenti
È passato poco più di un mese da quando ho partecipato allo stage formula-weekend (7/8 marzo) con Alejandro Jodorowsky a Firenze e tra una cosa è l'altra sono mai riuscito a trovare il tempo per parlarne; comincio a farlo ora, cogliendo l'utile sollecitazione di una visitatrice del blog. Intanto butto subito giù il mio Jolly: la cosa più importante che ho riportato da Firenze è la certezza che Jodorowsky non è un bluff e spiego perché.
Alla fine degli anni '90, partecipando a un seminario sulla conduzione di gruppi, per la prima volta capii veramente (non a livello razionale, dico proprio "con la pancia") che quel che sai non vale niente per gli altri se come persona non dimostri di valere le cose che dici... il "predica bene ma razzola male" della saggezza popolare, dove per razzolare male s'intenda trasmettere con tono di voce, postura e non-verbale corporeo un messaggio che contraddice quel che affermi. Insomma, saper essere e saper comunicare è importante quanto sapere, a volte persino di più. Se non sai, meglio tacere, questo sempre. Ma se sai non è detto che tu sia in grado di trasmetterlo agli altri: non basta la buona volontà, servono tanta esperienza di vita e attitudine all'ascolto (non puoi dare se non sai ricevere). Un "conferenziere" comunica veramente, se riesce a toccare nel profondo il suo interlocutore e ciò avviene quando lo scambio nasce da motivazioni sincere, amorevoli e disinteressate, quando uno è autenticamente se stesso e in quel "se stesso" ci mette soprattutto il cuore. Se vogliamo insegnare qualcosa il COME SIAMO è molto più importante del COSA SAPPIAMO, anche se naturalmente queste due dimensioni retroagiscono l'uno sull'altra. Estremizzando, la maggior parte di seminari, conferenze, workshop ecc. su temi "spirituali" sono in primis business per chi li organizza e per chi partecipa un semplice passatempo o appagamento intellettuale o appiglio esistenziale. Però ci sono le eccezioni - tra queste senz'altro Alejandro Jodorowsky - in cui il valore aggiunto è un "conferenziere" che dà prova vivente del risultato di un percorso, stile di vita, fede, conoscenze, ecc. oltre che descriverti queste cose a parole. Vedere e ascoltare Jodorowsky dal vivo mi ha dato la precisa sensazione di una "persona vera" che - come spesso sottolinea egli stesso - non si avventa a raccontare e spiegare nulla non direttamente sperimentato da lui medesimo. Quest'uomo, cercando se stesso, ha avuto delle intuizioni felicissime gettando in particolare un ponte tra psicoanalasi e sciamanesimo/magia (se volete Jodo è l'anello di congiunzione tra Jung e Castaneda!).

Una testimonianza che parla da sola...

0 : commenti
Una settimana dopo, da un ospedale di Roma una domanda: perché 200 scosse non hanno provocato reazioni?

"Io, medico ferito e sfollato dico: 
l'allarme alla città andava dato"
di MASSIMO GALLUCCI
professore e direttore UOC di Neuroradiologia Università-ASL dell'Aquila

"Da gennaio, quasi settimanalmente si faceva sentire. Ma, un po' come nel film X-men 2, il verme divoratore era sotto controllo. Così ci era stato detto più e più volte dalla stampa e dalle televisioni locali. E così parcheggio, senza particolari precauzioni, nel piazzale alberato a 100 metri da casa. Casa: una palazzina cielo-terra di 3 piani e piccolo attico, di stesura settecentesca, manipolata più volte in seguito, e da noi restaurata 12 anni fa. Per strada, davanti il mio ingresso, gli studenti che alloggiano in affitto negli appartamenti di fronte in cemento armato. Sono una decina, in strada. Una ragazza piange: "non ne posso più, ho paura voglio andare via". Un ragazzo l'abbraccia protettivo. Stai tranquilla. Sono scosse di assestamento. Ormai ci siamo abituati. Così ci prepariamo, come ogni sera quasi tranquilli. A letto. Io, mia moglie e mia figlia. Un letto d'epoca, veneziano, con una spalliera piuttosto alta, che avrà un ruolo in questa storia. Stranamente essenziale e per questo bellissimo. Lascio la luce dell'abat-jour accesa. All'una circa sono svegliato da un'altra scossa. O l'ho sognata? Resto sveglio. Dopo un po' ne arriva un'altra.
Alle 3 e mezzo il letto salta, si muove. Non c'è più luce elettrica, polvere dovunque, si fa fatica a respirare tra la polvere e l'odore acre, inconfondibile del gas di città, e il ballo continua, accelera, è forsennato, sale il rumore, quel borborigmo che diventa un ululato rotto dagli allarmi delle auto e da grida, grida, grida attorno. Virginia chiama. Mi butto su di lei per ripararla dalla pioggia di calcinacci e urlo: "Non preoccuparti, è finito, è finito!" Ripeto istericamente quella frase per 22 secondi. E' finito! Grido finalmente per l'ultima volta e "ordino" a mia moglie e mia figlia di seguirmi, di scappare via, subito. Scendo dal letto. Macerie sul pavimento. Polvere e odore di gas. Urla da fuori. Non si vede nulla. Cerco a tentoni la porta, ma non riconosco la camera da letto: la stanza è cambiata. O almeno il letto è in un'altra posizione. La trovo. Si apre. A tentoni raggiungo la rampa delle scale con la sensazione di non trovare le pareti al posto giusto. La rampa non c'è: è un cumulo di macerie.
A piedi nudi su quei sassi, poi sui vetri e i resti dei quadri dell'ingresso. Voglio vedere se si apre la porta. Sembra di no, poi qualche spallata e ci riesco e un po' di luce delle stelle penetra la nebbia e lenisce l'angoscia. Grazie a Dio non siamo prigionieri. Corro di nuovo su. Prendo Virginia e chiamo Lucilla. E approccio di nuovo la discesa. Ma stavolta perdo l'equilibrio e cado di schiena, assieme a Virginia, violentemente sul pavimento dell'ingresso. Un bel volo, forse di un metro e mezzo - due? Per un paio di secondi ho fosfeni. "Virginia, Lucilla, uscite! Uscite, sto bene!"
Intanto verifico che muovo le gambe e le mani. Ho un dolore terribile nell'intero tratto lombare. Sicuramente mi sono fratturato. Mi faccio forza ed esco quasi carponi, poi mi metto in piedi e vedo l'orrore che mai avrei creduto o pensato. Il palazzo di fronte: 5 piani di cemento armato accartocciati, stratificati come carte da gioco. Non sarà più alto di 3-4 metri, ora. Non viene una voce da lì dentro. Un silenzio feroce. Mani nei capelli, piango, Daniela amica cara e i bimbi Davide e Matteo; Maria Pia e i figli e quell'anomalo pitbull buono, l'avvocato Fioravanti e la moglie, così dolci e pacati. Che gentiluomo, con la sua piccola collezione di auto d'epoca e il sorriso nonostante la leucemia, e gli altri e gli studenti, quelli che piangevano e si consolavano.Travi di cemento armato di vari metri schiacciano i resti di quella casa. Senza una gru è impossibile fare qualunque cosa. A piedi nudi, sui sassi della città atterrati per terra, come tre zombi facciamo i 50 metri che ci separano da via XX Settembre dove altri zombi seminudi si aggirano senza meta, con gli occhi sbarrati, senza saper dire una parola, guardandosi attorno e piangendo, alcuni. Attraversiamo il parco alberato nel cui piazzale ho parcheggiato e raggiungiamo la macchina. E' coperta di detriti e polvere, ma agibile. Con lucidità sia io che Lucilla avevamo preso le chiavi della macchina dal portaoggetti sul tavolo dell'ingresso fortunatamente in piedi. In auto passiamo qualche ora, mentre la folla aumenta nel piazzale, assieme al dolore lombare. Continuano le scosse.
Sento un ragazzo chiamare Maria, Mariaaaa da sopra le macerie: "c'è mia sorella lì sotto, Mariaaaa!" Alcuni hanno piccole torce elettriche e scavano con le mani. Il termometro della mia auto indica 3 gradi. Chiedo a mia figlia di avvolgermi una pezza da vetri attorno ai piedi congelati. Passano amici e volti noti. Non vedo traccia di isteria. Uno stupore silenzioso e controllato. Tutti si chiedono tra le lacrime: ha bisogno di qualcosa? Sapendo di aver poco o nulla da offrire. Aspettiamo, come bombardati, le luci dell'alba. Per capire. Ma da capire c'è poco. Mia moglie torna a casa. Entra per qualche secondo.
"Casa non c'è più. Abbiamo perso tutto. Sai a chi dobbiamo la vita? Alla spalliera del letto che ci ha riparato dai massi della casa a fianco, accasciata come un vecchio sulla nostra. I massi hanno forzato, curvato su di noi la spalliera spingendo il letto contro l'altra parete. Senza di essa, ci sarebbero venuti addosso, sulle teste". Deo gratias. Una serie di coincidenze ci ha salvato la vita. Il resto non conta. Il resto si rifarà. Sono indeciso ora. Andiamo in ospedale a L'Aquila, dove troverò certamente il caos dei feriti ammassati, o direttamente fuori. Ma chissà cosa ha combinato il terremoto da quelle parti? Chissà le strade? Pensieri contorti che trovano soluzione presto: "Portami in ospedale a L'Aquila. Sto per svenire dal dolore". Sono quasi le otto. Passiamo per una circonvallazione fuori città evitando scientemente il centro con l'auto, e ai nostri occhi si offre anche qui lo scenario di guerra che immaginavamo. Arriviamo e troviamo un'apocalisse ben oltre le previsioni: l'accesso al pronto soccorso bloccato da un crollo e il magnifico costosissimo-ma-solido ospedale è provato, inginocchiato, macilento. Dico a mia moglie di andare direttamente nel mio reparto. Inutile intasare il Pronto Soccorso. E qui trovo gente che dalle 4 del mattino lavora indefessa e già sconvolta dai primi orrori. Riesco a essere studiato. Sento l'affetto di chi mi sta intorno. Sono su una barella, finalmente, con un toradol in vena, e il dolore si lenisce. Ho eseguito RM e TC mentre le scosse continuavano impetuose ed impietose. Ho una diagnosi di frattura vertebrale somatica di L2 e varie contusioni.
Non ho notizie di mia madre, mio fratello, mia sorella, i nipoti: non ho potuto prendere il cellulare, sepolto dentro casa. Quanto siamo stati viziati dalla tecnologia! Col mio cellulare ho perso la rubrica telefonica e quindi tutti i contatti col mondo. In tarda mattinata l'ospedale è dichiarato inagibile ed evacuato. Mi cerco un ricovero altrove con la difficoltà di non conoscere più i numeri di telefono di nessuno e approdo in qualche ora al Policlinico Umberto I a Roma. 
È già tempo di leccarsi le ferite e proporre rapide soluzioni. È vero. E' anche vero che se il dolore non deve alimentare né rendere faziosa la rabbia, non deve neanche occultare le legittime domande del caso. Non ho velleità polemiche, e la gratitudine a tutti coloro che si sono adoperati per la mia città è infinita. Non posso, nel nome di quei morti, tacere, però, in merito alla disorganizzazione preventiva e all'informazione fuorviante.
Da quasi 4 mesi erano state registrate quasi 200 scosse con epicentro a L'Aquila e dintorni. Non poteva essere un evento che rientra nei limiti del normale, come si è sentito dire. Nelle ultime settimane erano incrementate di numero ed intensità. Eppure le voci ufficiali erano rassicuranti. "Non creiamo allarmismi".
Ma perché essere preoccupati di dare un allarme consapevole? Noi medici siamo obbligati da anni al consenso informato. Quando io intervengo su un aneurisma cerebrale sono COSTRETTO giustamente a dire e quantificare il rischio percentuale di mortalità. E i Pazienti lo accettano. Non fanno gesti inconsulti. Questo è il mio principale rammarico. Nessuno ha offerto istruzioni calme, rassicuranti, civili, informate. La mia piccola storia assieme alle centinaia di storie di amici, mi ha insegnato che se avessi avuto una torcia elettrica sul comodino non mi sarei fratturato la colonna vertebrale, se avessi avuto un cellulare a portata di mano avrei chiesto aiuto per me e per il palazzo accanto, se molti avessero parcheggiato almeno un'auto fuori dal garage ora l'avrebbero a disposizione, se in quell'auto avessero (e io avessi) messo una borsa con una tuta, uno spazzolino da denti e una bottiglia d'acqua, si sarebbero tollerati meglio i disagi. Se si fosse tenuta una bottiglia d'acqua sul comodino, se si fosse evitato di chiudere a chiave i portoni di casa, se si fosse detto di studiare una strategia di fuga.... Pensate a chi è rimasto incarcerato per ore senza poter comunicare con l'esterno perché aveva il cellulare in un'altra stanza, o perché non trovava al buio le chiavi di casa, come le ragazze di un palazzo a fianco a me già semi sventrato: 6 ore sotto un letto, con la terra che continuava a tremare, perché la porta era chiusa a chiave, senza una torcia elettrica e senza cellulare per chiedere aiuto!
E inoltre, se invece di una decina di vigili del fuoco in servizio ci fosse stata una maggiore disponibilità di forze con mezzi già sul posto, piuttosto che aspettarli da altrove, quegli eroi del quotidiano che sono i nostri vigili del fuoco e i volontari della Protezione Civile avrebbero potuto lavorare in condizioni migliori. Piccole cose. A costo irrisorio. Spero che i nostri figli possano fare affidamento su una società più civile". (13 aprile 2009)

Qui il link alla pagina web del sito di La Repubblica dove sono consultabili anche i commenti lasciati dai lettori del quotidiano.

lunedì 13 aprile 2009

Amarcord

6 : commenti
Riordinando casa mi sono saltate fuori queste due fotografie.
La prima riporta sul retro, in bella calligrafia a matita: "L'Aquila - 9/7/66". Ovvero il giorno precedente il mio primo compleanno. Sorrido di dolcezza a vedere mamma e papà felici insieme, purtroppo li ricordo più spesso litigare che così. Non a caso sono divorziati da molti anni ormai. Davvero strano ritrovare questa foto ora... a L'Aquila furono felici, più che a Bologna e a Perugia in seguito. Infatti hanno tutt'ora un bel ricordo della mia città natale e dei suoi abitanti. Purtroppo ho saputo da poco che la sorella di Graziella la mia baby-sitter di allora, è tra le sfortunate vittime del terremoto di lunedì scorso... mi dispiace tantissimo... La seconda foto mi ritrae a quattro anni nel parco di Cervia (RA) durante le vacanze estive. Mi ricordo molto bene di quelle due settimane al mare perché mentre ero lì coi miei genitori Neil Armstrong posò il primo piede umano sulla Luna: era la missione Apollo 11, il 20 luglio 1969. Apollo 11... L'Aquila città del 99... tutti imprinting del mio attaccamento al numero 11 e ai suoi multipli? Chissà. P.S. Però ero proprio un bel bimbo... pure coi capelli alla Beatles, magari ora! Devo essermi perso strada facendo...

Anima mia

1 : commenti
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s'affonda nell'acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà.


Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell'arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.

domenica 12 aprile 2009

Buona Pasqua a tutti...

3 : commenti
...e un augurio in più a tutti gli abruzzesi, che il loro capoluogo e gli altri paesi martoriati possano risorgere il prima possibile.

Pisa: Chiesa San Domenico 
Natività di Cristo Risorto 
Martini - di Giovanni (fonte della foto)

sabato 11 aprile 2009

Vigilia di una Pasqua che nessuno dimenticherà

2 : commenti
Ho già espresso il mio sentimento per questa Pasqua a parole. La "vignetta" (si fa per dire) di Giannelli sul Corriere della Sera di oggi sintetizza in un'unica immagine quello che molti di noi sentono... e mi riporta alla mente il sogno che ho fatto proprio la notte del terremoto...

Come la polvere sotto al tappeto...

4 : commenti
Dopo il video riprendo dal sito di ByoBlu anche questa riflessione, che mi sembra riassuma perfettamente uno dei dubbi più atroci che sta diffondendosi nella rete a proposito del sisma a L'Aquila:
Il centro storico dell'Aquila è da abbattere e ricostruire. E questo lo dicono in tanti. I morti, i feriti e gli sfollati sono stati contati, più o meno precisamente. E questo lo dicono tutti. Adesso vi dirò qualcosa che non dice nessuno. Gli scantinati e i seminterrati del 90% del centro storico erano stati affittati. In nero. Dentro c'erano clandestini, immigrati, extracomunitari, come italiani qualsiasi. Spesso ammassati. Ci sono ancora. Centinaia di persone che non risultano all'anagrafe, che non compaiono nelle liste dei dispersi, che non esistono. I proprietari delle case che si sono messi in salvo non ne denunciano la presenza. Non gli conviene. Nessuno li cerca. Nessuno li piange. Da vivi non esistevano, non esistono neppure da morti. Spazzati via di nascosto, come la polvere sotto al tappeto. In fondo, perché darsi tanta pena per loro? Una tomba ce l'hanno già. E questa volta non gli è costata niente. Gliel'abbiamo data gratis. All'Aquila sono in molti a saperlo. Ora, lo sapete anche voi.

Stiamo scoperchiando una pentola?

3 : commenti
Speravo che Anna (alias Miss Kappa) sbagliasse, ma questa testimonianza sembrerebbe annunciare nuovi abissi di dolore tra le voragini aperte da questo terremoto...


http://miskappa.blogspot.com è il link diretto al blog di Anna. La fonte del video di cui sopra è invece http://www.byoblu.com (e sempre da ByoBlu si legga anche questo). Se c'è una pentola da scoperchiare i blogger lo faranno.
P.S. Dopo averlo frequentato un po' più a lungo, per coerenza devo prendere le distanze dal blog di Miss Kappa, qui sopra linkato: pur comprendendo lo stato d'animo della sua autrice, la mia opinione è che il gusto di fare polemica si sposa sempre male al desiderio di portare a galla la verità. Punto. (18/04/09)
E mi permetto di pubblicare il testo della mail che ho appena ricevuto da un caro web-amico, perché esprime molto bene quello che provo anch'io:
Caro Daniele credo che quest'anno... le persone che son uomini, stiano tutti in sofferenza... io sinceramente, alla notizia di stasera della sabbia marina per legare il cemento ritrovata nella maggior parte dei manufatti, sono stramazzato... sai cosa??? Siamo impotenti contro il malaffare e la politica che si è fatta gioco di noi sistematicamente da 50 anni... o forse più... Ho due figli studenti universitari... e sentire di quei ragazzi mi ha fatto ancor più male... quasi li avessero tolti a me. Un assurdo... no... questa credo sia rabbia ma al tempo stesso "amore" per la vita! Quella vita che cercano continuamente di minarci per via del denaro... alla fine dietro tutte le questioni c'è questo. E' inutile che si appellano contra una natura malevola... contro un Dio che gira le spalle... di terremoto non muore nessuno... siamo stati noi uomini a fornire la macchina da guerra! E' l'uomo stesso che ha ucciso tutte quelle persone e ridotto a "humus" migliaia di altri. E poi, mi ha dato fastidio da morire... ma davvero non sai quanto... lo sciacallaggio mediatico... addirittura ad aprire la portiera di quella poraccia che stava dormendo in macchina per chiedergli come si sentiva!!! Chiudo che è meglio... ti abbraccio e ti auguro tanta serenità!
con stima Paolo

Il video a cui si riferisce P. - segnalatomi anche da Moloch in un commento - è il seguente.. roba da pazzi!


Ma chi gli insegna a fare i giornalisti a questi qui... ma chi sono questi deficienti senza un briciolo di coscienza? Che fine hanno fatto la pietas, il rispetto, l'amore per il prossimo? Quali terremoti dell'anima possono demolire talmente proprio i sentimenti che distinguono un essere umano da un automa?

venerdì 10 aprile 2009

Pasqua di lutto e dolore, ma anche di speranza

4 : commenti
Quest'anno il Venerdì di Passione è anche giorno di lutto e di dolore, per tutta Italia. Purtroppo nessuno dei quasi 300 morti ad oggi conteggiati in Abruzzo resusciterà nel giorno di Pasqua. Purtroppo la via crucis de L'Aquila e dei paesi limitrofi non sarà breve: ci vorrà tanto impegno e tanta pazienza per permetterne la resurrezione.
E pure dopo questo terremoto non mancheranno i soliti Ponzio Pilato a lavarsi le mani per quanto accaduto. Ma non è la fatalità a buttare giù per collasso strutturale i palazzi "antisismici". Per questo va chiesto che si portino alla luce responsabilità e colpe: chi gioca con la vita delle persone per aumentare i propri margini di profitto merita l'ergastolo. Lo sciacallaggio nelle abitazioni abbandonate è ignobile, però lo è altrettanto lo "sciacallaggio mediatico" che spesso si vede in TV dove - tra qualche persona in gamba - s'affacciano tanti guitti del potere a fingere di fare "giornalismo": gente grigia con la faccia di smalto, a cui è richiesta soltanto telegenia, sorrisi di facciata e parola pronta. Il servizio pubblico dovrebbe fornire una informazione corretta, completa e rispettosa, non sensazionalismo e strumentalizzazione dei sentimenti in nome dell'audience. Bisogna pretendere in primis che i morti dell'Abruzzo non siano dimenticati, che almeno il loro martirio non sia stato vano. Il Parlamento DEVE inasprire le norme contro i costruttori che risparmiano sui materiali. BASTA lesinare i ferri nelle armature contravvenendo alle indicazioni dei progettisti... BASTA miscelare il cemento delle gettate con sabbia di mare a costo zero (il cui sale corrode lentamente il ferro dei tondini) invece che con sabbia di cava... BASTA murature non tirate su a regola d'arte, direttamente attaccate a colonne e travi di cemento... ecc. Va chiesto al governo in carica di rendere SUBITO vigenti, senza più VERGOGNOSE deroghe, le norme già pronte che obbligano a edificare secondo le più avanzate metodologie antisismiche, in base al grado di rischio geologico del territorio. La vita umana non ha prezzo. Va chiesto a tutte le forze politiche di fare diventare obbligatoria, per legge, una effettiva rete di controlli sui cantieri edili, atta a evitare che in futuro certi "palazzinari" continuino a fare i furbi. Si spenda per rendere sicuro (e magari pure ecologicamente sostenibile) il patrimonio edilizio esistente, piuttosto che pensare ad aumentare le cubature e cementificare ulteriormente il nostro territorio. Va chiesto al governo, prima che costruisca ponti faraonici e nuove "piramidi" per magnificarsi ai posteri, di rendere prioritaria la messa in sicurezza delle scuole, dei luoghi di lavoro, delle case che abitiamo, delle strade su cui viaggiamo ecc.


Sinceramente, faccio fatica quest'anno a trovare in cuore la serenità per augurare buona Pasqua: più che a quella di Cristo penso alla resurrezione che dovrà far rinascere il capoluogo abruzzese e gli altri paesi crocifissi dal terremoto del 6 aprile. Non sto auspicando superficiale ottimismo, ma di guardare al futuro con fiducia e coraggio: non arrendiamoci a vivere questi giorni "semplicemente" nella tristezza, come viene naturale in siffatte gravi circostanze. Ognuno di noi faccia qualcosa affinché questa Pasqua di lutto e dolore possa realmente essere anche annuncio di speranza e resurrezione, soprattutto per quanti direttamente colpiti dal sisma. Con questo spirito, auguro a tutti buona Pasqua.

Elenco sottoscrizioni e aiuti per l'Abruzzo

0 : commenti
Riepilogo ancora una volta quanto trovato in rete :
Gli operatori di telefonia mobile (TIM, Wind, Vodafone, 3) hanno attivato un numero 48580 (fino al 30 aprile) a cui è possibile inviare un sms per donare 1 €. Utilizzando lo stesso numero è possibile donare 2 € attraverso chiamata da rete fissa di Telecom Italia. Aggiungo infine questo link a www.repubblica.it dove vengono riassunte varie possibilità di aiutare le popolazioni delle zone terremotate.

L'Aquila e gli avvoltoi... vergogna!!!

3 : commenti


Che simulacro d'organo hanno al posto del cuore per vantarsi di fare audience sulle tragedie senza vergognarsi? Questi non sono giornalisti, sono manichini che recitano a pappagallo senza rendersi conto del nulla in cui annaspano.

Giuro solennemente che non guarderò mai più questo TG1!

Alessandra Cora

4 : commenti
...ora sali, poi svanisci, dove nessuno t'ode.

Il terremoto, tra le tante e troppe vittime, ha portato via anche la voce e i 22 anni di vita di Alessandra Cora, giovanissima promessa della musica italiana...



"Addio Alessandra, ti volevo bene". Il popolo di YouTube saluta per l'ultima volta Alessandra Cora, giovane cantante originaria di Capri uccisa dal terremoto a L'Aquila. Il padre di Alessandra, Maurizio è ricoverato al Gemelli di Roma insieme all'altra figlia che è in coma. Oggi il presidente del Senato, Renato Schifani, si è recato nell'ospedale romano e si soffermato a parlare con Maurizio Cora che nel sisma, oltre alla giovane Alessandra, ha perso la moglie di 55 anni. Alessandra aveva una sua pagina su YouTube dove si possono ascoltare le sue canzoni e molte cover.


(da www.repubblica.it del 09/04/09)

giovedì 9 aprile 2009

Cuor di Zagreo

0 : commenti
Saluto con molto piacere la pubblicazione del primo libro di una mia amica. In bocca al lupo carissima Silvia!

Autore: Silvia Contini 
Titolo: "Cuor di Zagreo" - Il viaggio dell'anima: orfismo e miti escatologici in Platone 
Editore: Seneca Edizioni 
Collana: Manuzio 
Pagine: 328 
ISBN: 978-88-6122-146-8 
Prezzo: € 19,00

Riassunto (dal sito di Seneca Edizioni)

Socrate mostra di conoscere un’antica narrazione la quale “viene raccontata negli scritti segreti”, opera di “poeti ispirati dagli dei”, di “quelli che istituirono le iniziazioni” o, più concretamente, “di Museo e di suo figlio”, oppure di “quelli di Orfeo”. Secondo questo antico racconto, l’anima è immortale, ma porta con sé una certa colpa, probabilmente la morte di Dioniso ad opera dei Titani, per la quale deve subire un certo castigo sia in questo che nell’altro mondo, perché essa può subire diverse reincarnazioni. Durante il suo percorso in questo mondo, l’anima si trova reclusa dentro il corpo come se questo fosse una tomba, dato che ciò che l’anima vive in questo mondo non è una vita vera, ma una sorta di quiescenza, di morte. L’uomo deve ritornare alla sua origine divina, e reintegrarsi, in un cammino rituale di fede e conoscenza, recuperando la sua identità immortale attraverso il ricordo, l’anamnesi del suo percorso dal divenire al mortale. Nel suo tragitto, che appare quindi ribaltato, dopo la morte verso la vita, ora integrale e reintegrativa, l’anima si avvia verso le “case ben costruite dell’Ade”, prive ormai dei connotati tenebrosi che erano propri alla tradizione omerica, dimore alla cui destra scorre una fonte con accanto un bianco cipresso, fonte da cui, l’anima che vi giunge assetata di conoscenza, non deve bere, ma piuttosto attendere di dissetarsi alla palude di Mnemosyne, della Memoria (…), con il beneplacito dei Custodi, i quali chiederanno “al defunto di rivelarsi e giustificare la sua presenza nell’Ade”. Questo è il percorso escatologico dell’anima nell’oltretomba, secondo il quale “l’anima ha bisogno di ricordare per conoscere e conoscere per ricordare”, ed è questa la strada che viene indicata nelle lamine d’oro comunemente denominate ‘Orfiche’. Platone riferisce ai “seguaci d’Orfeo” (oi amphì Orphéa) l’aver definito il corpo “tomba dell’anima” (sēma tēs psychēs) e, allo stesso tempo, l’averlo definito “segno” (sēma) perché attraverso di esso l’anima si esprime (sēmaínei). Il corpo, allo stesso tempo, è la “custodia” (sōma) dell’anima la quale viene custodita (sōizētai) fino a quando non abbia scontato per intero i suoi debiti (Cratilo 400c). Il corpo viene dunque inteso come “carcere”, luogo di punizione dell’anima la cui liberazione coincide con l’affrancamento dell’anima dal ciclo di nascita e morte. La morte stessa, nella concezione greca, si definisce come stato di oblio, sonno, latenza notturna. Ma, come mostra il mito di Er, non si è morti fino a quando non sia bevuta l’acqua del fiume dell’oblio. In questo senso, sia la plaga infera di Lēthē che lo stesso Ade (Aidēs), diventano allegorie le quali, prescindendo dal fenomeno biologico e dal mito, rimandano a un concetto più profondo di “morte” e di “inferi”: la morte dell’anima, intesa come uno stato di cecità, o di offuscamento spirituale susseguente uno stato d’oblio. In altre parole, “morte” esprime uno stato completamente opposto a quello dell’iniziato, al quale è dato contemplare, in vita, le pure visioni e, dopo la morte, entrare a far parte del regno beato degli dèi. Dopo la morte, le anime si avviano verso le regioni dell’oltretomba e debbono attraversare Lēthē: la Pianura dell’Oblio. Lungo il cammino, sono tormentate da un tremendo calore e da un’afa opprimente. Per conseguenza, patiscono una sete violenta. La pianura di Lēthē é priva d’alberi e di ogni altro prodotto della terra feconda. Giunte alla pianura, le anime sono costrette a bere l’acqua del fiume Amelete, «la cui acqua non può essere contenuta in vaso alcuno». Tormentate dall’arsura, alcune bevevano di quell’acqua con avidità, altre smodatamente. Più ne bevevano, più rapidamente «si scordavano di tutto». Quelle che si lasciavano guidare dall’intelligenza, invece, ne bevevano in minor quantità. Il guerriero Er, che si trovava fra quelle anime, si ricordò del divieto che aveva ricevuto e non bevve affatto. Si risvegliò, senza saper come, sulla pira funebre dove stava per essere arso. Le anime che s’erano dissetate con l’acqua di Amelete (Amelēs), invece, ridestate dal tuono e dal terremoto, veloci «come stelle cadenti» tornavano sulla terra per rinascere in un nuovo corpo (Platone, Rep. 621a-c). Incatenato alla conoscenza profana, che è quella dei sensi coordinati dalla ragione, l’uomo vive alimentandosi della “morte del divino”, ma, nel suo vivere terreno, vive la propria morte come essere divino. Vittima dell’oblio –come chi ha bevuto l’acqua di Lēthē – convinto di vivere la propria vita, vive invece la propria morte. Nel suo quotidiano ridestarsi alla luce del giorno, chiude gli occhi dell’anima alla Luce per aprirli al triste tenebrore che regna nella terra dei morti. Morto prima di morire, continuerà a morire dopo la morte. E, tornando alla Repubblica platonica (621 c), la morte delle anime che hanno bevuto l’acqua dell’oblio consiste nel tornare di nuovo al ciclo di nascita e morte, dove nascere equivale a “morire”. Platone fa sua la concezione orfica che associa la morte all’oblio e la vittoria sulla morte al ricordo. Che la potenza di tale “morte” –analogica, per quanto riguarda la conoscenza– sia proprio l’oblio è dimostrato dal fatto che agli iniziati orfici, nel post-mortem, è prescritto di bere non alla corrente di Lēthē ma ad una fonte il cui nome suona l’esatto contrario di lēthē: Mnēmosýnē, la Fonte della Memoria, o del Ricordo: «E troverai alla sinistra delle case di Ade una fonte, e accanto ad essa un bianco cipresso diritto: a questa fonte non accostarti neppure da presso. E ne troverai un’altra, fredda acqua che scorre dalla palude di Mnēmosýnē: e davanti stanno i custodi (phýlakes). Di’ loro: Sono figlio della Terra e di Cielo stellante, inoltre la mia stirpe è celeste (emoì génos ouránion); e questo sapete anche voi. Sono riarsa di sete e muoio: ma date, subito, fredda acqua che scorre dalla palude di Mnēmosýnē. Ed essi ti lasceranno bere dalla fonte divina e in seguito tu regnerai assieme agli altri eroi…» (Laminetta di Petelia: Colli 4[A63]).
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